
La gravidanza: nove mesi per la nascita…di una mamma
Dopo più o meno peripezie, più o meno attese, più o meno fatiche nella vita di una donna (e di un uomo) può capitare di trovarsi di fronte ad un test di gravidanza positivo. Per qualcuno è la realizzazione di un sogno, per altri è qualcosa di meno atteso, per tutti è l’inizio di un grande viaggio.
Solitamente si pensa alla gravidanza come il periodo necessario al bambino per formarsi, il tempo che serve al cucciolo di uomo per venire al mondo. Questo è sicuramente vero, ma c’è un altro aspetto, non meno importante, al quale spesso non viene data sufficiente attenzione: durante le quaranta settimane di gravidanza si crea un bambino, ma si crea anche una mamma.
Eh sì, perché non si diventa genitori da un giorno all’altro, ma attraverso un processo lungo e complesso in cui entrano in gioco dinamiche psicologiche importanti: passato, presente e futuro si intrecciano, formando un gomitolo più o meno intricato, che sarebbe utile iniziare a sbrogliare e ordinare fin da subito, mentre la propria identità inizia ad assumere forme nuove. In questo modo è possibile arrivare all’incontro con il nascituro un pochino più pronti. Già, “un pochino più pronti”, perché forse davvero pronti non lo si è mai, o almeno difficilmente si ha la sensazione di esserlo. Da una parte penso che questo sia un bene, perché essere genitori è davvero qualcosa di grande, con tutta la gioia e la fatica che le cose grandi spesso portano con sé, e non si dovrebbe sottovalutare. Non importa se si è impiegate, commesse, psicoterapeute o maestre di asilo, perché l’idea di diventare mamma evoca nella maggior parte delle persone le stesse emozioni contrastanti: la stessa felicità, ma anche le stesse paure e gli stessi interrogativi, al di là di quanto si sia studiato l’argomento sui libri.
Per questo motivo durante la gravidanza possono entrare in gioco svariati meccanismi di difesa, delle funzioni che la mente utilizza per proteggere la persona da situazioni particolarmente impegnative: dalla negazione della paura alla proiezione delle fragilità, dalla razionalizzazione delle emozioni alla somatizzazione dei timori.
Sarò una brava mamma? Sarò in grado di occuparmi del mio bambino? Come cambierà la mia vita? Che ne sarà del mio lavoro? E della mia vita di coppia?
Queste e tante altre sono tutte domande lecite e fare spazio nella propria mente per fare emergere i timori e le preoccupazioni legati a questi temi può essere un buon modo per arrivare al tanto atteso giorno dell’incontro con qualche strumento in più.
Ben vengano allora l’insicurezza e l’ansia, non quelle che paralizzano, ma se possono aiutare a guardarsi dentro e a fare i conti con il proprio mondo interno, penso non ci sia niente di male, anzi.
Si potrebbe poi aprire un capitolo su che cosa significhi “guardarsi dentro e fare i conti con il proprio mondo interno”, cosa per nulla banale. Mi limiterò per ora a dire che ci sono molti modi per farlo e che questo avviene tante volte anche a livello inconscio, senza che ce ne accorgiamo. Parlare di questi argomenti, fermarsi a pensare, leggere un articolo sono tutte azioni che risuonano nella mente più di quanto possiamo immaginare. La mente lavora sempre: anche quando ci stiamo occupando di altro o quando dormiamo la mente elabora, grazie ai più svariati stimoli. Per questo penso sia più utile cercare di tirare fuori le proprie paure, i propri pensieri, i propri interrogativi, senza negarli, perché convincersi di essere pronti sempre e comunque non è risolutivo. Un minimo di incertezza e di messa in discussione spesso possono fare la differenza nel trovare poi la propria modalità di azione e il proprio ben-essere nel nuovo ruolo di mamma. E sottolineo la parola “propria”, perché non c’è un modo giusto di essere genitore, non c’è una ricetta e non ci sono ingredienti universali, anche se a volte vorremmo che qualcuno ce li indicasse: ognuno deve trovare il proprio modo, in linea con la propria persona unica al mondo e il proprio unico bambino.
Ben vengano allora il confronto con le esperienze degli altri e i pareri di amici e parenti, che spesso arrivano sotto forma di consigli, a volte non richiesti. Tutto questo può essere utile, ma non perché qualcun altro sa come ci dobbiamo comportare noi, ma perché si tratta comunque di stimoli che possono aiutare la mente a costruire la propria nuova identità di mamma.
In alcune situazioni ancora più utile può risultare invece il confronto con professionisti del settore: medici, ostetriche, psicologi, che possono accompagnare e sostenere lungo questo complesso e prezioso percorso.
Aspettare un bambino ha una serie di implicazioni non solo a livello personale, ma anche a livello famigliare e sociale.
A livello famigliare, significa in primo luogo passare dalla condizione di figlio a quella di genitore, un cambiamento di ruolo non da poco, che porta a fare i conti con le dinamiche relazionali della propria famiglia di origine e i modelli educativi ai quali siamo sempre stati esposti.
Quanti nel corso della propria vita hanno detto o pensato “quando sarò genitore non permetterò questa cosa” o “se avrò un figlio non mi comporterò come si è comportata mia mamma con me”. La verità è che quei modelli educativi fanno parte di noi, così come fanno parte di noi numerosi comportamenti caratteristici della nostra storia famigliare. Questo non significa che il nostro essere genitori rispecchierà in toto quello della nostra famiglia, ma sicuramente ne siamo molto influenzati e potremmo facilmente trovarci, a volte senza neanche rendercene conto, a mettere in atto comportamenti che almeno teoricamente non avremmo mai voluto o pensato potessero appartenerci. E allora i mesi della gravidanza servono anche a questo: a elaborare l’essere figli, a rivedere le relazioni con i propri genitori, a sciogliere nodi e superare conflitti. O almeno ci si dovrebbe provare, perché tutto questo avrà un peso nell’essere genitori, nella relazione con i figli e nell’identità dei figli stessi.
Durante la gravidanza si fanno anche numerose fantasie sul bimbo che sta arrivando. Si delinea nella mente delle future mamme un bambino ideale, un misto di fantasia, desiderio, proiezione di parti di sé, di ciò che vorremmo che fosse e ciò che avremmo voluto essere noi. Con il passare delle settimane la fantasia lascia spazio alla realtà e il bambino ideale viene in qualche modo ridimensionato, in modo che la futura mamma sia pronta ad incontrare il bimbo reale che sta per nascere.
Sebbene non ci siano app che descrivano cosa accade settimana per settimana nella mente della mamma, cosa che invece troviamo per quanto riguarda lo sviluppo del bambino, anche per i genitori la gravidanza è un periodo di preparazione che attraversa diverse fasi, certamente di più difficile definizione. Ed è per questo che quando un bimbo arriva prematuramente non solo può non essere del tutto pronto lui fisicamente, ma anche i genitori sono in ulteriore difficoltà per non aver potuto portare a termine il loro percorso di preparazione.
La gravidanza dunque è anche per la mamma un periodo complesso, non lineare, fatto di alti e bassi, a volte bellissimo, a volte faticoso, spesso entrambe le cose, ma certamente necessario per arrivare a un traguardo importante, forse il più importante della vita: l’incontro con il bene più prezioso e l’amore più grande.