Sviluppo emotivo e trauma
“Che cos’è un’emozione?” così si chiedeva nel 1884 in un celebre articolo William James, uno dei più grandi psicologi della storia. Da dove nascono e qual è il loro scopo? A distanza di quasi un secolo e mezzo, la psicologia e le neuroscienze hanno fornito un enorme contributo alla conoscenza dei processi mentali e delle basi fisiologiche delle emozioni e della loro regolazione. In particolare, è stata osservata una strettissima relazione esistente tra un’emozione e il corpo. Il neuroscienziato Antonio Damasio afferma che per regolare un’emozione bisogna partire innanzitutto dal corpo, definito come “il contenitore delle emozioni nascoste”.
“Il corpo accusa il colpo” soprattutto nei bambini che vivono un’infanzia negata, che sono stati allontanati dai loro genitori perché non capaci di prendersi cura di loro e che, pertanto, sono stati inseriti presso comunità educative/terapeutiche o presso famiglie affidatarie per garantire loro cure e uno sviluppo adeguato.
Accade che l’emozione resti bloccata nel corpo ed è importante che il bambino venga guidato nel riconoscerla, regolarla, esprimerla in modo funzionale affinché avvenga la scarica energetica che consenta al bambino di integrare i ricordi dolorosi vissuti per poi inserirli nella sua storia di vita. Riconoscere le emozioni che lo stesso bambino sente, gli permette di affrontarle, anziché evitarle o fuggire e di diventare sempre più consapevole delle sensazioni fisiche e dei pensieri alla base delle emozioni.
Ogni bambino è unico e speciale, ha una storia di vita personale e vive, sente, percepisce, agisce in base ai suoi impulsi. I bambini che hanno subìto un trauma non hanno avuto la possibilità di avere adulti di riferimento in qualità di “contenitori o regolatori delle emozioni” e imitano il modello di funzionamento emotivo dell’adulto che risulta disfunzionale per la loro crescita e che deriva da stili di attaccamento precedenti, nella maggior parte dei casi non elaborati.
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Lo sviluppo emotivo dei bambini
“L’emozione è una reazione soggettiva a un evento saliente, caratterizzata da cambiamenti fisiologici, esperienziali e comportamentali”. L’emozione deriva da un evento scatenante specifico, è necessario notarlo e nominarlo.
Al contrario delle funzioni cognitive, le emozioni riguardano il sistema nervoso autonomo, una parte cioè più primitiva, più remota della nostra struttura. Le emozioni sono importanti per lo sviluppo dei bambini, sia dal punto di vista psico-fisico sia dell’adattamento sociale. Esse hanno lo scopo di comunicare un proprio bisogno e svolgono funzioni utili per la regolazione interpersonale.
I bambini si avvicinano alle emozioni nel contesto relazionale. Durante l’interazione con i caregiver, i piccoli hanno la possibilità di osservare il modo in cui gli altri sentono e vivono le emozioni così da imitare la loro reazione.
Con la presenza di un adulto che nomina l’emozione al bambino e che contiene, il bambino impara a essere consapevole dei propri stati emotivi, a riconoscerli, esprimerli e a condividerli in modo funzionale anche con i pari. Inizia a comprendere che la paura è necessaria perché lo protegge dal pericolo, la rabbia va regolata davanti a un NO o davanti ad una regola, la felicità va condivisa. Comprende, pertanto, la funzione delle emozioni principali in una fase iniziale e delle molteplici sfumature, in un secondo momento.
Ancora prima del contesto relazionale allargato, i bambini apprendono i primi fondamenti sulle emozioni nel contesto familiare: come esprimerle, come possono manifestarsi e sul tipo di azioni da prendere quando compaiono determinate emozioni. Il tipo di relazione che i piccoli instaurano con le figure di attaccamento determina il modo e la misura in cui avrà luogo la loro socializzazione emotiva.
I primi apprendimenti vengono immagazzinati nel sistema affettivo del bambino e saranno trasferiti alle altre relazioni, negli anni successivi.
Se qualcosa non funziona nel contesto familiare e non segue il percorso naturale di apprendimento, è possibile osservare un bambino che vive le emozioni in modo amplificato e quindi reagire a esse con atteggiamenti incontrollati e molto reattivi oppure, al contrario, può assorbirle in silenzio e non riesce a utilizzare il canale verbale per esprimerle. Tra i due estremi, ci sono bambini che abbracciano l’estraneo in modo indifferenziato o che appaiono rigidi e diffidenti davanti all’adulto. I primi ricercano il contatto fisico, i secondi tendono a evitarlo e a chiudersi in se stessi.
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